Ciò che appare al cancro come una particella carica di colesterolo è invece una nanoparticella sintetica
Mettere a dieta le cellule tumorali, dando loro l'illusione di mangiare uno cibi di cui sono più ghiotti, cioè il colesterolo, può essere una nuova arma di lotta al cancro se questo 'inganno' realizzato dalla medicina può innescare la loro distruzione. Ciò che appare al cancro come una particella carica di colesterolo può essere infatti, in realtà, una nanoparticella sintetica che si lega alle cellule tumorali e che le fa morire di fame. Questo è l'obiettivo di una nuova terapia sviluppata dai ricercatori della Northwestern Medicine i cui risultati sono stati pubblicati sul Journal of Biological Chemistry. Sebbene la ricerca abbia esaminato le sole cellule dei linfomi, gli scienziati affermano che questo nuovo farmaco sperimentale potrebbe essere efficace anche in altri tumori che hanno un simile 'appetito' per il colesterolo, come il cancro ai reni e quello alle ovaie.
Questa nuova terapia, secondo gli studiosi, potrebbe funzionare perché è stato dimostrato che il metabolismo del colesterolo è molto diverso nelle cellule tumorali target rispetto a quello che invece potrebbe fare nelle cellule normali. Ciò consentirebbe al farmaco sperimentale di attaccare e uccidere selettivamente le cellule tumorali vulnerabili lasciando illese le cellule normali. "La nostra terapia prende di mira le cellule tumorali che dipendono dall'assorbimento del colesterolo e perturbano l'equilibrio generale del colesterolo nella cellula", dice Shad Thaxton, docente associato di urologia alla Northwestern tra i coordinatori dello studio. La terapia con nanoparticelle biologiche sintetiche è la prima del suo genere a colpire le cellule tumorali. I ricercatori hanno dimostrato l'efficacia del farmaco sperimentale in modelli di cellule tumorali umane, in modelli animali e in cellule tumorali ottenute da pazienti con linfoma. Il gruppo di lavoro ha intenzione ora di continuare con lo sviluppo del medicinale in modo per fare studi clinici di Fase I sui pazienti.
fonte: Journal of Biological Chemistry
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